Un tempo questo blog aveva tutto un altro nome, tutto altro spirito. Ho dovuto nasconderlo. Per salvarmi. Nasconderlo, per cancellarlo.
Queste poche righe, perché affogo nell'ira e nella rabbia.
morte
mortemortemortemortemortemortemortemortemortemortemortemortemorte
Su questo Blog
Non si tratta di recensioni. Non si tratta di novità editoriali. Solo le mie note di letture casuali e ritardatarie, da un giorno in cui ho sentito di averne bisogno, a uno in cui non me ne importerà più.
mercoledì 21 ottobre 2015
sabato 28 settembre 2013
Ultimo modello di E-reader per charta-nerd
La storica Scighera di Milano organizza una due giorni davvero gustosa:
Ecco il Terzo Salone dell’Editoria Creativa e Autoprodotta,
dove troverete un mondo editoriale decisamente poco allineato. Libri cuciti a mano, libri realizzati con cartoni dei supermercati, libri fatti con le buste usate, libri a fisarmonica, libri da taschino, libri autoprodotti dall’inizio alla fine, libri che si lanciano oltre lo steccato di qualsiasi bon-ton editoriale alla volta di nuove sperimentazioni e invenzioni. Ma attenzione: libri veri, libri da leggere, con piccole tirature e distribuiti realmente in maniera casalinga e creativa. Per la terza edizione di LIBER, diversi editori creativi, pazzi funamboli che giocano con le mille variazioni sul tema dell’oggetto libro, si riuniscono per mostrare, scambiare, vendere una diversa editoria, un’eco-editoria ribelle e riciclata, una piccola sfida gentile alla serialità diffusa.
dove troverete un mondo editoriale decisamente poco allineato. Libri cuciti a mano, libri realizzati con cartoni dei supermercati, libri fatti con le buste usate, libri a fisarmonica, libri da taschino, libri autoprodotti dall’inizio alla fine, libri che si lanciano oltre lo steccato di qualsiasi bon-ton editoriale alla volta di nuove sperimentazioni e invenzioni. Ma attenzione: libri veri, libri da leggere, con piccole tirature e distribuiti realmente in maniera casalinga e creativa. Per la terza edizione di LIBER, diversi editori creativi, pazzi funamboli che giocano con le mille variazioni sul tema dell’oggetto libro, si riuniscono per mostrare, scambiare, vendere una diversa editoria, un’eco-editoria ribelle e riciclata, una piccola sfida gentile alla serialità diffusa.
Sul sito il programma completo della due giorni.
mercoledì 25 settembre 2013
"Ora scriverà romanzi per gli angeli "
"Dio, ridacci Faber e prenditi Fabri Fibra"
"Oggi in Paradiso c'è un angelo in più"
"Hai accompagnato i momenti più importanti della mia vita"
"Non ci siamo mai incontrati, ma con te ho perso un fratello"
L'unica cosa che si può desiderare è lo sterminio della razza umana. Su un blog fumettistico su cui cazzeggio, il bellissimo Zerocalcare, trovo finalmente la mia vendetta... Quando muore uno famoso è una bellissima e inane invettiva contro i "Necrosocial", coloro che hanno una stilla poetica da versare su tutti. Di fronte alla tragica morte di Uan, il peluche di BimBumBam, si scatena la ridda dei social-necrologi e il furore dell'eore, che rivendica che chi piange su un cantante abbia a memoria tutti i suoi testi.
E se muore uno scrittore famoso?
Addio Uan, che la terra ti sia lieve. Fratello dei pomeriggi più belli della mia infanzia...
"Oggi in Paradiso c'è un angelo in più"
"Hai accompagnato i momenti più importanti della mia vita"
"Non ci siamo mai incontrati, ma con te ho perso un fratello"
L'unica cosa che si può desiderare è lo sterminio della razza umana. Su un blog fumettistico su cui cazzeggio, il bellissimo Zerocalcare, trovo finalmente la mia vendetta... Quando muore uno famoso è una bellissima e inane invettiva contro i "Necrosocial", coloro che hanno una stilla poetica da versare su tutti. Di fronte alla tragica morte di Uan, il peluche di BimBumBam, si scatena la ridda dei social-necrologi e il furore dell'eore, che rivendica che chi piange su un cantante abbia a memoria tutti i suoi testi.
E se muore uno scrittore famoso?
Addio Uan, che la terra ti sia lieve. Fratello dei pomeriggi più belli della mia infanzia...
lunedì 19 novembre 2012
Se una mattina d’inverno un lettore
Non è ancora troppo tardi.
Non so se sia vero che un bambino per prima cosa guardi le figure
dei suoi libri; nel mio caso, direi che così non sia stato. Certo, però, l’immaginario
visivo del lettore – indotto o autogeno – è fondamentale; e le sue
trasformazioni costituiscono una sorta di storia della società sub specie
iconica. Figuriamoci, se parliamo di letteratura per l’infanzia.
E letteratura per l’infanzia, lo era e lo è ancor più da quando
Harry Potter è sfuggito incredibilmente a una grandemagrande casa editrice
milanese, è Salani.
E per i 150 anni della casa editrice di Firenze, al Castello
sforzesco di Milano, è allestita fino al 6 gennaio 2013 la mostra “Da Pinocchio
a Harry Potter”. E lo dico subito, è una delle migliori esposizioni bibliografiche
in cui mai mi sia capitato di imbattermi. E lo è non solo per la selezione e l’interesse
in sé delle tavole originali e delle copertine, davvero bellissime, e basti la
copertina de Il ragazzo che scrisse l’enciclopedia di se stesso.
Lo è
anche per l’intelligenza combinatoria e il nitore critico del percorso.
Il curatore, Giorgio Bacci – assegnista di ricerca alla Normale, e
che ha al suo attivo Le illustrazioni in Italia tra Otto e Novecento per
Olschki, ma soprattutto è curatore del progetto di digitalizzazione informatica
Archivio Salani (http://www.artivisive.sns.it/archivio_salani.html)
– ha creato, e mi permetto di dirlo sinceramente, un piccolo capolavoro che
guida il visitatore a cogliere il nesso tra scelte di mercato e linee culturali;
a riconoscere la lenta ibridazione con i diversi mezzi di comunicazione a
impatto visivo dominante (dai rotocalchi, ai cartoni animati, al cinema); a
ricostruire (con le linee guida interne, gli originali delle tavole, gli
appunti interni dei redattori, le fasi di lavoro) il lento processo redazionale
nell’elaborazione delle copertine; a individuare il mutare, davvero affascinante,
della grafica in edizioni, a distanza anche di decenni, dello stesso titolo.
E specifico che di Giorgio Bacci non
sono amico; avevo giusto letto tempo fa un suo saggio sui frontespizi nelle
cinquecentine di Vitruvio; e nemmeno l’avevo mai visto. Da ieri posso dire che
anche come Cicerone, per precisione, respiro, e rispetto dei tempi di vagabonda
curiosità del visitatore, soffia in faccia a molte guide professioniste.
Se passate da Milano, non è ancora
troppo tardi.
lunedì 10 settembre 2012
Vado a Mantova e torno - 2012
Vanni Scheiwiller diceva che avrebbe voluto stampare un catalogo di
tutti libri che non aveva potuto pubblicare.
Io vorrei fare l’elenco di tutti gli eventi del Festivaletteratura
2012 a cui non sono potuto entrare.
D’altronde quando ci si ricorda la sera prima che gli eventi
bisogna prenotarli, non è che poi ci si possa lamentare.
E se si ha in mente di fare almeno delle foto, e al primo scatto si
scopre di avere lasciato la memory card nel portatile, non è che le rubriche ne
guadagnino...
Insomma, il post con cui avevo deciso di riprendere a curare loubiquo,
non è proprio fortunato.
D’altronde, il lavoro mio, e ancor più della Rossa, mi costringe a
una toccata e fuga il sabato; per il resto posso solo rimandare al resoconto
degli amici della Balenabianca,
che hanno seguito come blogger l’intero Festival.
In concreto sono riuscito a prendere parte a tre cose.
Graphic History, con Vittorio
Giardino e Gabriele Ranzato; Lettere, voci e immagini d’Orlando;
Raffaele La Capria
Graphic History, con Vittorio
Giardino e Gabriele Ranzato
Vittorio Giardino è un famoso disegnatore, celebre soprattutto per
il personaggio di Max Fridman, un agente segreto attivo nell’Europa alle soglie
della Seconda guerra mondiale (e per qualche virate erotica). Dopo gli
originali Rapsodia ungherese e La porta d’Oriente, Giardino ha
pubblicato, sempre con Max Fridman, la trilogia di No pasarán (2000,
2001, 2007), riedita in unico volume nel 2011. La pubblicazione completa
giustifica la presenza a Mantova; l’ambientazione, la guerra civile spagnola,
giustifica la co-presenza di Ranzato, docente di Storia contemporanea a Pisa,
esperto del conflitto del 1936-39 fino al recente La grande paura del 1936 e
interlocutore e riferimento di Giardino sul tema.
Non avevo mai visto i due, e dunque quando si siedono alla cattedra
l’assegnazione nome-viso è fatta. Giardino è quello sulla destra, artistoide e
scapigliato e un po’ sornionamente scamiciato; Ranzato a sinistra, barbetta
curata, compitino, dietro al portatile dal quale ci costringerà a meditare su
qualche documento numero tot barra tot del Partido Obrero de Unificación
Marxista. Ovviamente è l’inverso.
I due, che in realtà non si sono mai visti, si lisciano ed
elogiano. Purtroppo un po’ scoordinatamente. Entrambi ammettono di essere un
po’ logorroici; nessuno dei due ammette di essere un po’ vanesio. Ma la palma
senz’altro la vince Ranzato. Tutti e due puntano a far filtrare di sapere
sull’argomento più dell’altro. Giardino rifugiandosi sulla piccola storia
materiale che sostenta i suoi racconti (“Ma la funicular de Montjuïc,
funzionava durante la guerra? Posso inserirla nel racconto? Questo gli storici
non lo sapevano”). Ranzato dice le cose migliori sull’invidia dello storico nei
confronti del romanziere che raggiunge con altri strumenti un pubblico più
vasto e influenzandolo con più efficacia (“Io non potrò competere mai con Per
chi suona la campana”). E le cose peggiori quando in coda comincia a
polemizzare sulla verosimiglianza dell’orientamento politico di Max Friedman.
Giardino ha il suo apice di interesse quando mostra come le sue tavole siano
tramate di precisissimi e puntuali riferimenti iconografici e di ricerche
storiche, davvero impressionanti per un non esperto. Le peggiori quando rischia
di ridursi a una collazione tra poster propagandistici e le sue tavole e quando
squaderna qualche ovvietà sul romanzo storico, misto di storia e d’invenzione,
che erano banalità il giorno dopo che ’l Lisander le aveva dette.
Lettere, voci e immagini d’Orlando
A fianco del Furioso in festa, tra gli eventi che hanno
maggiormente attirato l’attenzione dei media, compariva la sezione
multimediale dedicata al Furioso. Interessante, non c’è che dire. Se non
che, la connessione non è che funzionasse magicamente. E la riproduzione delle
lettere autografe era di un falso che era quasi divertente; ma ancora peggio,
perché a fianco hanno collocato un riassunto, e non una trascrizione? A quel
punto, valeva la pena di evitarsi anche la spesa della pseudo cartapecora.
Raffaele La Capria
Nel 2011 sono stati cinquant’anni dalla pubblicazione di Ferito
a morte, festeggiati dalla Mondadori con un volumetto celebrativo
arricchito da un’appendice “Sei modi di leggere Ferito a morte”, con
pagine critiche da Pampaloni a Magris, e da un’introduzione dell’autore, che
con tono umbratile rileva come il suo romanzo “per come è costruito, per la
complessità della tessitura narrativa, per la polifonia delle voci e la varietà
dei punti di vista, per quella sincronia che va avanti e indietro nel tempo
mentre tutto è sempre presente” costituisca un libro di eccezione.
Dall’incontro riporto alcune cose:
1. Che i suoi
novant’anni, La Capria li porta proprio bene.
2. Un interessante
esordio in cui La Capria, recuperando una similitudine giù usata , paragona l’arte del romanzo ai tuffi: la naturalezza del volo
come esito di una fatica e un impegno levigati dalla sprezzatura (o, per usare
un’altra metafora, lo stile dell’anatra, che sembra filare via leggera sull’acqua
mentre sotto le zampe vorticano faticosamente, stante il titolo Lo stile dell’anatra del 2001); l’incipit
di un romanzo come uno stacco ardito e misurato dalla tavola (come per la Metamorfosi
di Kafka); il finale come l’ingresso nitido e secco e definitivo nell’acqua
(come il Sì dell’Ulysses).
3.
La protesta –
diciamolo – querula e totalmente estemporanea per il fatto di essere ricordato
solo per Ferito a morte e non per gli altri suoi venti romanzi e oltre.
4.
La protesta per
la categorizzazione come scrittore napoletano; è un po’ difficile, però, non
sentire attaccare i mandolini quando parla della sua giovinezza napoletana, e
non è questione di accento
5.
Un’impressione
nostalgico-arcadico-apocalittica per quando la terra era vergine e creaturale,
cioè quando era bambino lui.
6.
Una concezione
paleo-umanistica della scrittura, con la priorità di una presunta qualità umana
sulla qualità artistica.
7.
L’elogio e la
rivendicazione di un disinteresse per qualsiasi cosa possa essere impegno, con in
esergo l’esempio di Piovene che, sollecitato da Pasolini a firmare un documento
di sostegno a degli esuli politici della spagna franchista (tanto per dire, la
famosa indagine di Garzón riguardava l’assassinio di 114.000 persone fino al
1952), se la cavò con “io di queste cose, non me ne intendo”.
8.
Che se l’incontro
finisce in fretta c’è tempo per passare a comprare una sbrisolona...
giovedì 10 maggio 2012
lunedì 30 aprile 2012
Per i momenti bui... un'immagine meravigliosa
Temo che ancora per tutto maggio latiterò; il lavoro è tale che non
riesco a leggere nulla se non ciò che è strettamente legato a quello che è
ormai il mio incubo da un paio di mesi.
Allora, perché
non abbia a lamentarmi e a gemere troppo, mi umilierò da me stesso con questa
foto.
La didascalia recita L’istruzione non è questione di mezzi, ma
piuttosto di volontà.
Iscriviti a:
Post (Atom)