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Non si tratta di recensioni. Non si tratta di novità editoriali. Solo le mie note di letture casuali e ritardatarie, da un giorno in cui ho sentito di averne bisogno, a uno in cui non me ne importerà più.

martedì 12 luglio 2011

"Hanno scritto tutto a lettere minuscole, il mio povero ma onesto nome"

Prima di aggirarsi per le strade di Dublino o i deserti della Mancia, un ragazzino deve farsi le ossa qui: nel Grund.

Per un ragazzo budapestino, questo pezzo di terreno rappresenta la pianura, l’immensa e verde pianura, e rappresenta anche, per lui, la sconfinata libertà. (I ragazzi della via Pal)

Ed è lì, su quel Grund, spiazzo fabbricabile incastrato tra via Pal e via Maria, e costellato di cataste di legname pronte a diventare – di fronte all’invasione delle Camicie Rosse del terribile Cesco [Feri] Ats – inespugnabili fortezze, che io sono nato come lettore. Un libro che ho letto in una vecchissima edizione di mia madre, “Finito di stampare il 31 ottobre 1945”, quando l’Italia aveva solo finito di piangere i suoi morti, e quel finale, quel lamento sulla morte inutile di Ernesto [Ernõ] Nemecsek, doveva essere ben più doloroso e impressionante di quanto potesse essere per un bambino italiano di qualche decennio dopo.


Così un giorno a Budapest, vicino a Ferenc körút, alzai gli occhi e rimasi fulminato: ero di fronte all'angolo di un casermone, su un lato del quale una targa recitava Pál utca, e sull’altro Mária utca.










Ero sul Grund.


E quel palazzone, forse, era lo stesso palazzone che sarebbe stato costruito sul Grund, spazzando via cataste di legname, la baracca dello Slovacco, il deposito. I riti e i giochi di quell’esercito scalcagnato, e la morte di Ernesto Nemecsek. Lì, con mio enorme stupore trovai una targa. In ungherese, e in italiano, a rendere ancora più personale la dimensione affettiva di quel palazzone.





Poco più in là, in Práter utca, una statua ricorda quei ragazzi di periferia, fermi nel gioco più antico del mondo, dagli astragali in poi, che ritorna nel racconto di ogni padre e nonno.



Budapest, naturalmente non è famosa solo per I ragazzi della via Pal; forse ancora di più, purtroppo, per l’insurrezione del 1956. Ed è bene ricordare che i carri Sovietici penetrarono nella città proprio lungo via Soroksári, lungo quella strada che riaccompagna a casa – in apertura di libro – Nemecsek dopo la scuola, e che Ferenc körút fu uno dei centri della disperata resistenza. Molti di coloro che morirono con un fucile in mano, non avevano più anni di Ernesto Nemecsek, il cui povero ma onesto nome fu scritto tutto a lettere minuscole, ma che seppe morire di polmonite ma non tradire.


Alcune delle immagini sono state recuperate da internet per la qualità migliore rispetto a quelle in mio possesso.

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