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Non si tratta di recensioni. Non si tratta di novità editoriali. Solo le mie note di letture casuali e ritardatarie, da un giorno in cui ho sentito di averne bisogno, a uno in cui non me ne importerà più.

mercoledì 31 agosto 2011

Quod non fecerunt Barbari, fecerunt Itagliani

Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, Vandali. L’assalto alle bellezze d’Italia, Milano, Rizzoli, 2011, euro 18


Siamo ancora in estate, e allora, come fanno anche i più seri quotidiani, proponiamo un piccolo quiz dal titolo “Tu e la cultura del nostro meraviglioso paese”.

1. Nel 2009 il Metropolitan Museum ha fatturato in merchandising 43 milioni di euro. Tale cifra corrisponde:
a) a poco meno del fatturato degli Uffizi;
b) al fatturato di tutti i musei e i parchi archeologici di Roma;
c) a più della somma dei fatturati di tutti i musei e i siti archeologici italiani (pari a 39,7 milioni9 di euro).

2.  Considerati i gravi problemi di bilancio per i Beni Culturali, quanto è costato il video di 1:09 che apre il sito www. pompeiviva.it in cui gli affreschi della villa dei misteri cominciano a cantare I will survive di Gloria Gaynor?
a) nulla: è il progetto vincitore di un concorso nazionale di grafica multimediale per le scuole superiori;
b) nulla: è stato prodotto dai grafici della Rai;
c) 3.164.282 euro, assegnati alla Wind, beneficiari anche di un altro appalto di 5.755.256 euro per le linee telefoniche.

3. Mario Resca, già presidente della McDonald’s Italia e nominato da Sandro Bondi direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale del ministero ai Beni Culturali, nel 2010 invitò per lettera il grande archeologo Amedeo Maiuri (celebre al mondo per gli scavi a Pompei e Cuma) a partecipare a un progetto informatico interattivo (iMiBac). Che cosa rispose il grande archeologo?
a) si impegnò a lavorare gratuitamente, per dare il suo contributo al nuovo miracolo culturale italiano;
b) dopo alcune incertezze accettò, in cambio del raddoppiamento del bilancio del ministero dei Beni culturali;
c) nulla: era morto da 47 anni.

4. Nel 2009 i “servizi aggiuntivi” (caffetterie, bookshop, didattica, gestione biglietterie) dei musei italiani hanno fatturato 39.669.259 euro. Di tale cifra, alle soprintendenze sono andati 5.525.259 euro. Il 72,5% dei servizi aggiuntivi (ossia 28,8 milioni) è andato invece:
a) al ministero dei Beni culturali che gestisce direttamente le attività;
b) a una serie di imprese in concorrenza tra loro, garantendo così una più ampia offerta qualitativa, nonché proventi più alti per lo stesso Stato italiano;
c) alla Electa, società del gruppo Mondadori, che gestisce praticamente in monopolio tutti i “servizi aggiuntivi”.

5. Mario Resca, già presidente della McDonald’s Italia e direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale del ministero ai Beni Culturali (cfr. domanda 3), e che quindi ha la delega per approntare i bandi di gara per i “servizi aggiuntivi”, quale ruolo svolge nella Electa (sul cui fatturato cfr. domanda 4), sostanzialmente monopolista per i “servizi aggiuntivi”?
a)  nessuno ovviamente; sarebbe un inammissibile conflitto di interessi;
b) amministra il Fast Food interno;
c) è nel consiglio di amministrazione.

6. Il budget francese dei beni culturali per il 2011 è di 7 miliardi e mezzo di euro. A quanto ammonta quello italiano?
a) più o meno uguale;
b) purtroppo non è aumentato rispetto al 2001;
c) 1 miliardo e 429 milioni; nel 2001 era 2 miliardi e 386 milioni; il bilancio italiano per i beni culturali ossia è calato del 40% in dieci anni.

7. Nel parlamento statunitense i laureati costituiscono il 94% dei deputati. Nel parlamento italiano sono laureati:
a) il 91%;
b) una cifra inferiore a quella statunitense ma comunque in crescita rispetto al primo parlamento repubblicano;
c) il 64,6%; e qualunquemente e sdraiabilmente amiche lettrici, ‘ntu culu a la cultura.

Un libro da gastrite. L’inferno di un paese da burletta, in cui la farsa copula con l’affarismo, la demagogia con l’ignoranza. L’aspetto più inquietante del libro è che non si tratta delle così italiche geremiadi sui brutti vezzi italici, o umanistici lamenti su una bella Italia che non esisteva nemmeno ai tempi in cui l’abate Antonio Stoppani inventò l’espressione “Bel paese” .
Sono invece dati e dati: i dati di un collasso economico che ha alla sua origine l’abominio culturale, il provincialismo, la pochezza, l’ottusità. Le ridicole cifre dell’investimento culturale in Cina, terra dei nuovi ricchi e dei nuovi turisti transcontinentali; la devastazione edilizia delle coste ioniche e del Veneto “palladiano” (i milioni di tonn. di cemento anuuo, i metri cubi annui, la densità abitativa); le impietose cifre – totali, pro capite, al netto del merchandasing, eccetera – dei ridicoli introiti di quelli che dovrebbero essere musei che tutto il mondo ci invidia; l’assenza di leggi contro coloro che da decenni arricchiscono i grandi musei mondiali devastando un patrimonio culturale “mondiale” con scavi illegali e distruttivi o contrabbando capolavori come queste due robine qui. 


L'Atleta di Fano, attribuito a Lisippo, oggi al Getty Museum
La Dea di Morgantina, già al Getty Museum








O ancora la farsesca situazione degli scavi di Pompei, tra Kafka e Totò; una politica fatta di commissari plenipotenziari a tutto e contemporaneamente su tutto e che tutto dovrebbero conoscere mentre crollano la Scuola dei gladiatori e il bilancio dei Beni culturali sembra un quadro surrealista; la cannibalizzazione, la zombizzazione e vandalizzazione del patrimonio archeologico, paesaggistico e culturale; lo scoramento dei più influenti giornali di tutto il mondo sul degrado e la sciattezza nella tutela del nostro patrimonio, con logiche conseguenze sull’immagine complessiva del paese (e il cap. 4 è da fremito); musei i cui biglietti venduti in un anno intero non bastano a pagare nemmeno qualche mese di stipendio di uno solo dei molti custodi; proposte di sanatorie per saccheggiatori e ricettatori; investimenti a perdere del ministero dei Beni culturali ad amici degli amici (ad esempio tutti quei film finanziati perché vi recitava Lorenzo Balducci, figlio di quell’Angelo Balducci implicato negli appalti della Protezione Civile); siti internet che neanche il figlio del custode del lattaio, e nella cui versione inglese Augusto Del Noce diventa August of the Walnut e Letizia Moratti, va da sé, Joy Moratti; la voracità della Protezione civile che interviene per la gestione del Congresso eucaristico nazionale come per restaurare l’Ultima cena del Vasari, e tutto sempre senza controlli e senza vincoli. E nel caso, l’appendice finale di tabelle fornisce un ulteriore deprimente sguardo sul patrimonio museale italiano, i siti più visitati, un confronto con i concorrenti internazionali, i bilanci, il numero di volumi per abitante presenti nelle biblioteche italiane rispetto a quelle di altri paesi.


Il nostro ministro dell’Economia ha detto solo pochi mesi fa che con la cultura non si mangia. Il ministro dell’Economia in Italia. E se un ministro dell’Economia non arriva a capire che i se i turisti vengono a vedere i Caravaggio di San Luigi dei Francesi  o il sarcofago di Gastone di Foix o a percorrere le stradicciole di Neive, allora sì che ci si mangia, e in tanti, e se un ministro dell’Economia non arriva nemmeno a comprendere una banalità simile, allora meritiamo un ministro dei Beni culturali che, tra le sue celebri poesie, ha pensato – con sobrietà e dignità –di dedicarne una alla madre del suo presidente del Consiglio.

Mani dello spirito
Anima trasfusa.
Abbraccio d’amore
Madre di Dio

Cappella Contarelli, San Luigi dei Francesi (Roma)





Nel Dei costumi degl’italiani, Giacomo Leopardi coglieva le cause della degenerazione italiana in una condizione intermedia, lontana da una dimensione culturale e civilizzata tipica dei popoli del nord, ma ormai anche alienata da una morale originaria e naturale, tipica dei popoli più “barbari”.

Sì per l’una parte è inferiore alle nazioni più colte o certo più istruite, più sociali, più attive e più vive di lei, per l’altra alle meno colte e istruite e men sociali di lei, come dire alla Russia, alla Polonia, al Portogallo, alla Spagna, le quali conservano ancora una gran parte de’ pregiudizi de’ passati secoli, e dalla ignoranza hanno ancor qualche garanzia della morale, benché sien prive di quella che dà alla morale la società e il sentimento delicato dell’onore.

Idee che valgono quel che valgono, naturalmente. Ma che già vedevano quell'Italia che avrebbe descritto Pasolini:

Terra di infanti, affamati, corrotti,
governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!

NB: Per chi non ci arrivasse da sé, le risposte al quiz sono rispettivamente a pagg. 21, 37, 38, 83, 83, 155, 212.

sabato 27 agosto 2011

I tre giorni nella città di Alba - 1


Badlands. Isole della Sonda. Mancha. Khanato di Kazan’. Ci sono terre mitico-epiche; rese tali dalla letteratura. Le Langhe lo sono.
Storia e letteratura si incrociano qui; a volte in modi scontati; altre volte in maniera più sorprendente.

Riporto qui alcune immagini di un recente fine settimana nelle Langhe. E cominciamo, allora, con Fenoglio.

Ad Alba, in Piazza Rossetti, proprio di fronte alla meravigliosa cattedrale si trova la sede del Centro Studi di Letteratura, Storia Arte e Cultura Beppe Fenoglio (http://www.centrostudibeppefenoglio.it/Homepage/index.php).


Non solo sede del Centro studi intitolato al romanziere, ma anche casa in cui questi visse del 1928 al 1959. Lì, incuneato tra la sede del Centro e la Cattedrale, un monumento – brutto, diciamocelo – fin infarcito di frasi di Fenoglio.

Ne trascrivo solo, e in parte, i testi riportati su due delle facciate del basamento. Rivolto verso la Cattedrale, uno dei passaggi più celebri de Il partigiano Johnny

Johnny pensò che un partigiano sarebbe stato come lui ritto sull’ultima collina guardando la città la sera della sua morte. Ecco l’importante. Che ne rimanesse sempre uno...

Sul retro, l’altra forse più celebre frase di Fenoglio, tratta questa volta da I ventitré giorni della città di Alba.


Alba la presero in duemila il 10 ottobre dell’anno 1944. Ed è davvero sorprendente che abbiano troncato la parte della finale della frase, quel e la persero in duecento il 2 novembre dell’anno 1944 che tutti ricordano proprio perché scabra sintesi di un senso di antiretorico sacrificio.

Ma tutte le Langhe sono segnate dall’epopea partigiana; e, di conseguenza, tutte le langhe sono scenario del mondo narrativo di Fenoglio. E ovunque è registrata la memoria letteraria; ovunque si trovano apparati didascalici che permettono di ripercorrere “i luoghi di Beppe Fenoglio”, di cui mi limito a mostrare una delle tavole informative.



E d’altronde percorsi specifici “”fenogliani” sono quasi ovunque: a Mango, ad esempio, una delle località che – anche per ragioni militari-biografiche – ricorre più nei testi di Fenoglio ha organizzato un proprio “percorso” all'interno del paese e uno all'esterno. Così c'è un percorso strettamente legato ad Alba (e il dépliant merita almeno uno sguardo), uno per la fuga di Johnny durante il rastrellamento e due per San Benedetto Belbo.

Qui però riporto, lunga la “Strada romantica della Langhe e del Roero”, le Rocche fenogliane della resistenza. Siamo forse nella parte delle Langhe più affocata e solitaria; i filari si susseguono ai filari in una rigorosa geometria.


Improvvisamente, vicino a Treiso, la terra si squarcia in un baratro: le Rocche, in cui la terra è tanto straziata che nel folklore  le rocche sono chiamate anche Rocche dei sette fratelli, sette empi fratelli puniti da Dio con lo sprofondamento della loro collina.



Ma, ancora, un luogo che ricorre in continuazione in Fenoglio, in Una questione privata, come ne Il partigiano Johnny, o nel racconto L’andata. Anche qui, però, tutto è segnato, direi con amore e orgoglio; schede, guide, persino aree riposo e un piccolo monumento ai libri, come quest’albero le cui foglie sono costituite da pagine della grande letteratura mondiale.



E scusate l'orrendo cestino...




martedì 23 agosto 2011

Ma che ti pigli un'euritmia!

Tra i vecchi libri di mio nonno, geniaccio strampalato, affascinante e inconcludente, uno dei libri più curiosi è la Chimica in versi di Alberto Cavaliere, chimico per costrizione, scrittore per fuga, che compose un interessantissimo canzoniere, bipartito, come tutti i canzonieri della letteratura italiana che si rispettino, tra chimica organica e inorganica, con la sua brava struttura macrotestuale, e ogni testo dedicato a un particolare elemento della chimica. E tutto sempre con una strana mescolanza di tecnicismo chimico e linguaggio poetico; ad esempio, per i radicali acidi – anidridi, abbiamo una singolare struttura su quattro terzine variamente rimate:

Se alla formula d’un acido
noi togliamo l’ossidrile,
resta un gruppo che si chiama
radical acido o acile:

s’ha dal formico, ad esempio,
il formile H. CO -.
I suddetti aggruppamenti
non son liberi, però.

Anche in chimica organica esiste
l’anidride, che allor si sviluppa,
se un acil con un altro s’aggruppa
saturandosi a mezzo d’un O.

Le anidridi son semplici o miste;
è l’acetica un liquido ingrato,
d’un odor che fa perdere il fiato:
quest’orrenda novella vi do.

Non male, tutto ma proprio tutto sommato, e poi, insomma, se l’Algarotti ha scritto il Newtonianismo per le dame, Cavaliere potrà pure scrivere la “Chimica per studenti di liceo classico”.
Peggio è quando – in questo popolo di santi, navigatori e soprattutto poeti che non leggono poesia – un tecnico decide di fare il poeta, il poeta lirico, perché è d’animo sensibile, e la poesia lo chiama. C’è una bellissima poesia di Gozzano, non tra le più famose, Il commesso farmacista. Il farmacista a sera si chiude nel suo studio per ricordare la fidanzata – una modista che nell’aprile morì di mal sottile, e ora riposa nel cimitero pendulo fra i paschi – dedicandole versi che Gozzano (che quanto a stronzo, era proprio stronzo) definisce nefandità da melodramma, con il peggio dei cascami letterari: Il cor... l’amor... l’ardor... la fera vista / il vel... il ciel... l’augel... la sorte infida.
Versi davvero orrendi e ripugnanti, ma che il farmacista - per pudore, dignità e come ultimo tributo all’amata – si rifiuta di leggere al grande poeta: Mi pare che soltanto al cimitero, / protetti dalle risa e dallo scherno /i versi del mio povero quaderno / mi parlino di lei, del suo mistero. E Gozzano, malato di tisi e tabe letteraria, riconosce che è lì la vera poesia, non in quella sua e degli altri poeti, saputi all’arte come cortigiane, artefatti a atteggiati.

Io invece non sono un crepuscolare. E quindi mi incazzo più facilmente. Specie se i suoi versi uno li appende in strada.

Vicino a casa mia c’è un gioielliere, che ad ogni estate, in occasione delle lunghe ferie estive che può concedersi un gioielliere, tappezza le vetrine di poster di località esotiche e, in formato gigante, di un lenzuolo con il testo di una sua poesia. Potrete apprezzare meglio il testo cliccando sull’immagine.



E in fondo viene anche da fare almeno un’osservazione. Chi può leggere questa “poesia” è chi passa davanti alla vetrina. Cioè chi non è in vacanza. Chi pensa che magari le vacanze che lui non fa, a quel gioielliere le ha pagate in parte anche lui. E amerebbe quantomeno non sentirsi vagamente canzonato; o, almeno, se proprio non si può evitare, che ciò avvenisse con dei versi decenti che rispettino un minimo di prosodia.

mercoledì 3 agosto 2011

Agosto, andiamo, è tempo di migrare.

Estate.
Si va in vacanza.
Sacco in spalla; guida degli ostelli; un libro per le lunghe ore in corriera.

Buona visione, e buona lettura.

Dai, anche i giornali in agosto raschiano il fondo del barile...