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Non si tratta di recensioni. Non si tratta di novità editoriali. Solo le mie note di letture casuali e ritardatarie, da un giorno in cui ho sentito di averne bisogno, a uno in cui non me ne importerà più.

sabato 27 agosto 2011

I tre giorni nella città di Alba - 1


Badlands. Isole della Sonda. Mancha. Khanato di Kazan’. Ci sono terre mitico-epiche; rese tali dalla letteratura. Le Langhe lo sono.
Storia e letteratura si incrociano qui; a volte in modi scontati; altre volte in maniera più sorprendente.

Riporto qui alcune immagini di un recente fine settimana nelle Langhe. E cominciamo, allora, con Fenoglio.

Ad Alba, in Piazza Rossetti, proprio di fronte alla meravigliosa cattedrale si trova la sede del Centro Studi di Letteratura, Storia Arte e Cultura Beppe Fenoglio (http://www.centrostudibeppefenoglio.it/Homepage/index.php).


Non solo sede del Centro studi intitolato al romanziere, ma anche casa in cui questi visse del 1928 al 1959. Lì, incuneato tra la sede del Centro e la Cattedrale, un monumento – brutto, diciamocelo – fin infarcito di frasi di Fenoglio.

Ne trascrivo solo, e in parte, i testi riportati su due delle facciate del basamento. Rivolto verso la Cattedrale, uno dei passaggi più celebri de Il partigiano Johnny

Johnny pensò che un partigiano sarebbe stato come lui ritto sull’ultima collina guardando la città la sera della sua morte. Ecco l’importante. Che ne rimanesse sempre uno...

Sul retro, l’altra forse più celebre frase di Fenoglio, tratta questa volta da I ventitré giorni della città di Alba.


Alba la presero in duemila il 10 ottobre dell’anno 1944. Ed è davvero sorprendente che abbiano troncato la parte della finale della frase, quel e la persero in duecento il 2 novembre dell’anno 1944 che tutti ricordano proprio perché scabra sintesi di un senso di antiretorico sacrificio.

Ma tutte le Langhe sono segnate dall’epopea partigiana; e, di conseguenza, tutte le langhe sono scenario del mondo narrativo di Fenoglio. E ovunque è registrata la memoria letteraria; ovunque si trovano apparati didascalici che permettono di ripercorrere “i luoghi di Beppe Fenoglio”, di cui mi limito a mostrare una delle tavole informative.



E d’altronde percorsi specifici “”fenogliani” sono quasi ovunque: a Mango, ad esempio, una delle località che – anche per ragioni militari-biografiche – ricorre più nei testi di Fenoglio ha organizzato un proprio “percorso” all'interno del paese e uno all'esterno. Così c'è un percorso strettamente legato ad Alba (e il dépliant merita almeno uno sguardo), uno per la fuga di Johnny durante il rastrellamento e due per San Benedetto Belbo.

Qui però riporto, lunga la “Strada romantica della Langhe e del Roero”, le Rocche fenogliane della resistenza. Siamo forse nella parte delle Langhe più affocata e solitaria; i filari si susseguono ai filari in una rigorosa geometria.


Improvvisamente, vicino a Treiso, la terra si squarcia in un baratro: le Rocche, in cui la terra è tanto straziata che nel folklore  le rocche sono chiamate anche Rocche dei sette fratelli, sette empi fratelli puniti da Dio con lo sprofondamento della loro collina.



Ma, ancora, un luogo che ricorre in continuazione in Fenoglio, in Una questione privata, come ne Il partigiano Johnny, o nel racconto L’andata. Anche qui, però, tutto è segnato, direi con amore e orgoglio; schede, guide, persino aree riposo e un piccolo monumento ai libri, come quest’albero le cui foglie sono costituite da pagine della grande letteratura mondiale.



E scusate l'orrendo cestino...




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