P.K. Dick, La città sostituita [1957], Roma, Fanucci, 2011, euro 16
Smallville. Oldbridge. Whitebank. Newchurch. Oldtown. L’incubo delle infinite cittadine dai nomi tutti uguali sperse in qualche niente del profondo americano. Da Lovecraft, almeno, in poi. Quei luoghi in cui nella polverosa normalità si infiltra silenziosa la paura, dove l’universo sembra collassare: buchi neri in cui tutto è risucchiato e si annichilisce; l’ambientazione migliore per centinaia di film e romanzi d’orrore. A essere “sostituita”, in questo giovanile romanzo di Dick, è la piccola e insignificante città virginiana di Millgate. Nel meraviglioso L’invasione degli ultracorpi di Jack Finney, a poco a poco gli uomini vengono sostituiti da simulacri alieni, senza personalità e storia; 1955. E 1956, la bellissima trasposizione di Don Siegel, un orrore dato dalla normalità e le sue ombre, senza effetti speciali, solo l’incubo della nostra angosciosa alienazione quotidiana. Mill Valley, è il nome del luogo in cui si svolge questa battaglia per la conquista del pianeta terra e delle sue anime. E, solo l’anno dopo, lungo una linea di evidente ispirazione, abbiamo la Millgate di Dick. C’è un’altra bellissima piccola insignificante città, la Dogville di Lars von Trier, poche righe tracciate sul palcoscenico del mondo, piantina astratta e universale che è scenario apocalittico della lotta tra il male del peccato e la vendetta del dio dell’antico testamento. E la stessa dimensione scritturale è evidente fin dal prologo di La città sostituita, con un chiaro richiamo ai vangeli apocrifi dell’infanzia, con bambini che plasmano creature d’argilla, le avvivano, le uccidono. Quando Ted Barton torna a Millgate, non riconosce più la città che aveva lasciato quando aveva nove anni. Tutto è cambiato; diversi i nomi delle vie; i negozi non sono più li stessi; il parco in cui giocava bambino non c’è più; mutati i quartieri; un percepibile degrado ovunque. Ma sono mutate anche le persone, quelle senza passato e quelle scomparse nel nulla; e quelli che dalla città non se ne sono mai andati, perché morti a nove anni di scarlattina, come lo stesso Ted. Quale lotta si sta scatenando in questa cittadina da cui non è possibile andarsene? Chi sono quei due bambini, uno signore dei ragni e dei topi, uno delle api? Nell’apocalisse manichea, in cui si contrappongono bene e male, Ormazd/Ahura Mazda e Ahriman, luce e schifo, si svolge il grande combattimento delle forme contro il caos del tempo e del disordine. Nel nuovo mondo che ne nasce, tremolano per un attimo la nudità di un corpo e lo scintillio di capelli neri, l’energia creatrice che si mescola a tutte le strade che saranno percorse da un uomo.
Indubbiamente uno dei migliori blog che mi sia mai capitato sotto gli occhi! Complimenti GB
RispondiEliminaCon un po' di imbarazzo, grazie.
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