Considerando il nostro viver frale,
E che tra noi non regna alcun contento,
Passando questa vita egra e mortale
Qual ombra, sogno, nembo, fumo e vento,
Ho pensato tra me che sia men male
Far, avanti ch’io moia, un testamento,
Il qual è questo che qui porto fuori
A benefficio de miei successori
Primo lascio a gl’afflitti miei parenti,
Da poi che sarò posto in sepoltura,
Poiché staranno assai mesti, dolenti
Della mia morte tenebrosa e oscura,
Tutti debiti e crediti e instrumenti,
Le rime, i versi et ogni mia scrittura
Con mille bei capricci e fantasie
Cavate da diverse poesie.
[...]
Ancora a quelli che vanno a studiare
Di tutti i dubii gli vo’ far un dono,
Che poi gli habbiano spesso a disputare
Cercando sempre che ’l suo dir sia buono,
E che tra lor sia spesso da gridare.
Né alcun che ciò decidi mai sia buono,
Ma come haranno argumentato assai,
Restino avviluppati più che mai.
[...]
Giulio Cesare Croce, Il testamento di M. Lattantio Mescolotti (vv. 1-16, 33-40)
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