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Non si tratta di recensioni. Non si tratta di novità editoriali. Solo le mie note di letture casuali e ritardatarie, da un giorno in cui ho sentito di averne bisogno, a uno in cui non me ne importerà più.

mercoledì 21 marzo 2012

S’è arenè stanòta una baléna

È primavera. L’entroterra marchigiano-romagnolo è una delle ultime terre mitiche d’Italia, dove restano le favole antiche; è nuova stagione, e il mondo torna alla sua infanzia. Più ingenua e primitiva là, tra quei greppi d’entroterra dove a primavera arriva a tratti il Garbino portando la fregola e la pazzia e l’odore di un mare che gli anziani conoscono ma non hanno mai visto, là da dove arrivano i miei antichi. Là dove e’tèra e’ tera ch’u n i sta niséun / e u s vàid dal gran pidèdi d’animèli.

Ogni tanto mi faccio portare in mezzo a queste rocce dello Storena, piccolo torrente del Montefeltro. Resto lì e so di essere chissà dove. Abbiamo bisogno che non siano soltanto le parole a toglierci dalla monotonia di questa vita ma anche un paesaggio può ributtarti addosso una vita primitiva abbandonata da milioni di anni e farti sentire l’odore dell’infanzia del mondo. Ore le cose non durano più. Tutto viene sepolto da altri episodi e fatti che arrivano continuamente con una lunga e infinita pioggia di neve che cancella i rumori che stavano appena scricchiolando nel mondo.

Così Tonino Guerra nell’ultimo dei suoi libri, Polvere di sole, uscito in questo marzo frettoloso. Alle 08:30 della mattina del 21 marzo 2012, in piazza Garganelli, a Santarcangelo, nella casa di Tonino Guerra è entrato il silenzio.

Andè a di acsè mi bu ch’i vaga véa,
che quèl chi à fat i à fat,
che adèss u s’èera préima se tratòur.

E’ pianz e’ còr ma tótt, enca mu mè,
avdàa ch’i à lavurè dal mièri d’an
e adès i à d’andè véa a tèsta basa
dri ma la córda lònga de mazèl.

Andate a dire ai miei buoi che vadano via
che il loro lavoro non ci serve più
che oggi si fa prima ad arare col trattore.

E poi commoviamoci pure a pensare
alla fatica che hanno fatto per migliaia di anni
mentre eccoli lì che se ne vanno a testa bassa
dietro la corda lunga del macello.

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