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Non si tratta di recensioni. Non si tratta di novità editoriali. Solo le mie note di letture casuali e ritardatarie, da un giorno in cui ho sentito di averne bisogno, a uno in cui non me ne importerà più.

domenica 6 marzo 2011

Tra quei monti azzurri e le vaste californie selve

Poiché oggi è un giorno un po’ speciale, un post che c’entra poco con l’impostazione generale del blog.

Nell’anconitano dominava un’antica razza di asini; bestie come quella terra, bestie contadine e testarde, umbratili, imprevedibili. Stupide e rozze, forse. L’asino marchiano, e la stupidità marchiana. Eccoli lì, quelli della Marca di Ancona, i Marchiani. Quelli dell’errore marchiano, quelli che fanno cose stupide rozze, grossolane, sciocche. Gli unici tra tutti i popoli della penisola abbiano fatto dono di sé e della propria natura al vocabolario nazionale. E nel suo, il buon Tommaseo, che veniva dall’altra sponda d’Adriatico, ricordava che i Marchigiani sono “tenuti in concetto di semplici, e da dirne e da farne le grosse”.

Annibal Caro, che era sì di Civitanova Marche, ma tutto fuorché stupido era, dava lazzica scherzando nelle sue bellissime e divertentissime Lettere familiari proprio sulla sua origine: Ora a tutto quello che voi possiate aver detto, e ne la latina lettera e ne la volgare, e che mi possiate ancor dir ne l’ebrea che minacciate di scrivermi, rispondo a la marchiana ch’io vi posso far molte cerimonie intorno. Il buon Caro, che si permetteva tra una cosa e l’altra di rivoluzionare letteratura e lingua italiana con la sua traduzione dell’Eneide, si schermisce di fronte alle lettere “latine” ed “ebraiche” e risponderà solo alla “marchigiana”, alla buona, rozzamente.

Meglio non passare per un marchigiano, per un grezzolone gaggiotto, dice in un’altra lettera il Caro; e quindi fare ciò che i marchigiani non fanno, rispondere compiutamente alle lettere: Se vi rispondo ora così horrevolmente, come vedete, lo fo questa prima volta per vendicarmi in parte con questo assassino de lo scrivere, per farne piacere a voi, del quale sono innamorato a dispetto de la vostra barba, e perché voi non mi tegnate per un marchiano a fatto.

Ma l’asino marchigiano, a lui, non l’ammazza nessuno quando è tra le sue colline. Poi ogni tanto tra un greppo e la riva nascono marchigiani strani, di fugace, ignuda felicità. Ma questo è tutt’altro discorso.


PS. Alcune parole saranno incomprensibili a nord del Foglia, tra persone civili.

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