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Non si tratta di recensioni. Non si tratta di novità editoriali. Solo le mie note di letture casuali e ritardatarie, da un giorno in cui ho sentito di averne bisogno, a uno in cui non me ne importerà più.

venerdì 20 maggio 2011

Le parole che non ti ho detto, quelle che ho detto, e quelle che ho letto

Nullum esse librum, in quo non aliquid boni sit. [“Non v’è libro che non contenga qualcosa di buono”.] Così nel libro di favole morali Bestiarum Schola di Pompeo Sarnelli recita il titolo della Lezione XIX (“Mamma formica e la formicuzza”, secondo il sottotitolo).

Una formica vide due mucchi di grano e, cogliendo a volo l’occasione propizia, incaricò sua figlia di trasportare nel formicaio chicchi di uno dei due mucchi per averne cibo in inverno; dell’altro si sarebbe occupata lei stessa. La formicuzza, però dopo aver trasportato un paio di granelli, ritornò dalla madre, mostrandosi pronta a caricarsi sulle spalle i chicchi dell’altro mucchio. La formica se ne stupì e le chiese il perché. “Ho trovato nel mio mucchio – le rispose – un chicco vuoto: perciò, per non sfacchinare inutilmente, ho pensato che la cosa migliore fosse sospendere quel lavoro e venire a darti una mano”. “Che gli dei ti fulminino! – imprecò la madre – per un solo chicco che hai trovato vuoto hai ritenuto, senza pensarci su, che andassero disprezzati tutti gli altri che sono invece pieni di farina e utili alle nostre necessità!”.
La lezione dà una tirata d’orecchi a quei saputelli avventati e superficiali che stroncano su due piedi eccellenti opere letterarie, fondandosi su qualche fortuita citazione mnemonica nemmeno completa in tutte le sue parti, se non addirittura per niente accessibile alla propria ottusa cultura. (trad. A. Iurilli)

La conclusione morale, in realtà, dice qualcosa di ben diverso dal titolo, ed è piuttosto una critica verso chi pontifica senza avere davvero letto un libro, o peggio senza essere riuscito a capirlo. Il titolo rimanda piuttosto a una celebre frase di Plinio il Giovane, dietro la quale mi rifugio spesso: “Non c’è libro tanto brutto che in qualche sua parte non possa giovare” (dicere etiam solebat nullum esse librum tam malum ut non aliqua parte prodesset, Ep. III 5, 10). Allora andrei anche un po’ oltre. Non c’è uomo tanto stupido da cui, ad ascoltarlo, non si possa imparare qualcosa. Mi rifugio spesso dietro anche questa frase; un giorno deciderò se sia confortante, o no.

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