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Non si tratta di recensioni. Non si tratta di novità editoriali. Solo le mie note di letture casuali e ritardatarie, da un giorno in cui ho sentito di averne bisogno, a uno in cui non me ne importerà più.

venerdì 6 maggio 2011

Una breve, brevissima pausa

Un ricercatore a Oslo deve avere notevoli vantaggi su uno in Italia; almeno uno è facilmente intuibile, un altro deve essere che, durante i consigli di Facoltà, giunto al punto 15 dell’Ordine del giorno, prossimo all'asfissia, alza lo sguardo e vede tre giganteschi capolavori di Munch: Il sole, La storia e Alma mater. L’artista, dopo aver vinto una commissione pubblica per la decorazione dell’Aula magna dell'Ateneo, consegnò definitivamente le sue tre grandi tele nel 1916.

In particolare Alma mater merita qualche osservazione; si tratta di una tela colossale (m 4.80 x 11.5), il cui titolo è particolarmente significativo sia come sinonimo di università in sé, sia per il suo riferimento alla scienza stessa, alla sua funzione naturale. In realtà, esistono due copie di questa tela; una è esposta là dove era destinata, l’altra (nota come I ricercatori / Alma Mater) si trova al Munch Museet, e ne é una prima stesura. Al centro una figura femminile allattante, una sorta di Grande Madre atavica, primordiale, salda e benigna. 

Alla sua sinistra, un giovane insegna a un bambino, simbolo della trasmissione del sapere; alla sua destra alcuni bambini ne osservano un altro che disegna sulla sabbia (e quanti grandi insegnamenti e figure geometriche e scoperte e parole la storia ci racconta che siano stati affidati alla sabbia); due altri bambini si affiancano a lei, quasi cercandone il contatto e la forza; più sullo sfondo, sulla riva del fiordo, tra bambini guardano verso la costa dall’altra parte, all’infinito nascosto eppure coglibile nell'esile ombra del profilo dei monti; tutto in una natura esattamente speculare, le acque e il bosco, spirito e materia, fluido e solido, e la Madre si pone là dove si incontrano. Come se la scienza fosse nutrice, ma a sua volta anche nascesse da un bisogno primigenio, da una forza naturale nascosta. Un’immagine che suscita una grande serenità, inattesa in Munch.

La tela effettivamente esposta all’Università, però, pur mantenendo la sinopia della precedente, muta profondamente.

I bambini diminuiscono, scompare la figura del giovane, si perde l’elemento della tradizione del sapere, e scompare ogni figura umana alla destra della donna. Saranno i colori più acri e freddi, o la vegetazione che si fa più nordica, o le rocce che compaiono sulla sabbia dove prima giocavano i bambini, o ancora la costa opposta che si alza oltre il fiordo a danno proprio dell’acqua che si fa ora una striscia sottile e più fredda e come soffocata dalla lingua di terra inarcata alle spalle della Mater, però mi sembra che in questa versione sfumi l’incanto di quella precedente, l’impressione di piacere dello studio e dell’avventura di una scoperta comune, e lo scenario si chiuda e incupisca, perdendo in prospettive e promessa.

Vale però ricordare che lo stesso Munch, ancora a distanza di decenni, cercò di far collocare nell’Aula magna dell’Università di Oslo proprio la prima, forse più serena, forse più iconograficamente incisiva, versione.

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