Bastien Vivès, Nei miei occhi [2009], Blackvelvet, Firenze, 2010, euro 18
Ci sono autori che hanno fatto del proprio tratto un segno immutabile; poi ci sono quelli che a ogni nuovo lavoro sono irriconoscibili. Di Vivès avevo già parlato in un altro post, per il bellissimo Il gusto del cloro. Nei miei occhi è un altro piccolo capolavoro, completamente diverso. In un’aula-studio universitaria, in una sera fredda che si intuisce oltre le grandi vetrate sul fondo, una ragazza dai capelli rossi studia china. Solo lei è a fuoco, tra le ombre indistinte. Comincia così questo bellissimo graphic-novel, post-adolescenziale e amaro. E solo l’acciughina rossa è a fuoco, perché su di lei è concentrato lo sguardo dell’io osservante, in una soggettiva assoluta costante e geniale che è narrazione di un amore nato e incomprensibilmente finito, al primo affacciarsi su un dolore destinato a restare misterioso. Tutto il graphic-novel è visto, da qui il titolo, dal punto di vista del personaggio maschile, in una focalizzazione interna che porta il lettore all’immedesimazione totale; lo sguardo è sempre fisso alla ragazza, in ogni inquadratura, frontale, laterale, di sguincio, da sotto, dall’alto, a scrutarne sorrisi e fragilità, a seguirne con desiderio il corpo flessuoso mentre balla, campo lungo, medio, figura intera, piano americano, primo piano, primissimo piano, fino al dettaglio più ossessivo e erotico. Fisso su di lei, e sulle strade che portano a lei. Le stesse vignette sono non-vignette, macchie di colore senza margini, con la forma indefinita del campo visivo; forme che si allargano e stringono secondo l'alternarsi dei sentimenti e delle sensazioni, fino a diventare una macchia nera nel bacio ad occhi chiusi, macchie monocrome, rosse, gialle, blu, durante la festa. E anche la tecnica muta con lo sguardo; dal pastello sottile matitato, in cui la ragazza è profilata da una nitida penna nera, al pastello sempre più spesso, brusco e quasi infantile di una scena di gelosia, a quello calcato e sbavato e rarefatto della notte di sesso (una delle scene più realisticamente e suggestivamente sensuali del fumetto che io ricordi). E la focalizzazione è totale anche nell’udito; tra lunghe scene di silenzio, si sentono solo le battute di lei, sottoposte anche queste alla deformazione soggettiva, fino a che il lettering si trasforma in uno sgorbio informe per la stordente inquietudine in occasione dell’incontro con due amici maschi della ragazza. Primo segnale; prima riemersione. In ventitré episodi, ognuno aperto da una pagina bianca con un’unica inquadratura dell’ambiente in cui svolge, si dipana un racconto che avanza per forza di sguardi e di parole, con una densità e una forza narrativa rari. Quello che resta, è una ragazza di spalle, raggomitolata su un letto a difendere un’ombra del passato, che attende il mattino per prendere il primo metrò, per ritornare in quel nulla da cui un giorno era apparsa.
Nessun commento:
Posta un commento