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Non si tratta di recensioni. Non si tratta di novità editoriali. Solo le mie note di letture casuali e ritardatarie, da un giorno in cui ho sentito di averne bisogno, a uno in cui non me ne importerà più.

martedì 10 gennaio 2012

Shall we dance?

Bastien Vivès, Polina [2011], Firenze, Black Velvet, 2011, euro 19

Vivès, uno dei più promettenti autori della scena francese del fumetto, si è già segnalato per il suo gusto per la ricerca formale. Dopo l’instabilità della camera e le tinte chimiche di Il gusto del cloro e dopo le soggettive pastello di Nei miei occhi, Vivès sperimenta una nuova forma grafica. Una rigorosissima tricromia, bianco, nero, grigio tabacco. Anche il respiro dell’opera muta profondamente: dopo i due precedenti brevi volumetti, storie lievi o dolorose di giovinezza vissute sull’arco di pochi giorni, Polina ambisce a essere un vero graphic-novel, con le sue duecento e rotte pagine, con il racconto complesso di una vita, con un argomento che va ben oltre l’innamoramento adolescenziale. Insomma, il primo opus maius.

Polina, infatti, è la storia di Polina Oulinov e della sua formazione come ballerina. Dal giorno della prima audizione a sei anni per entrare nella scuola di danza del maestro Bojinski fino al successo internazionale. Una vita fatta di rinunce e sconfitte, fughe e sconfitte, amori perduti e delusioni. Tutto, sempre, alla ricerca del concetto di arte; dell’equilibrio fragile tra espressione e forma; e alla ricerca, in fondo, della forma più alta del sé, quella di un maestro da abbandonare e ritrovare. Non serve a niente andare più in alto possibile se non ci si prende il tempo di contemplarlo. Allora quando è in alto prenda tempo.

L’opera è ambiziosa, senz’altro, soprattutto da un punto di vista grafico. Però, mentre le scelte (punto di vista, taglio, tecniche, cromatismo) dei due primi lavori erano davvero coerenti con il racconto, qui forse così non è; certo l’abilità grafica di Vivès è evidentissima nella sua capacità– con soli vuoti e pieni, nero e bianco, tratti e movimenti e fughe di linee – di tracciare plastici abbozzi: in alcuni casi sono tavole da guardare e studiare, come in questo allenamento di due amanti nella camera da letto. 




A volte, pur perdendosi un po’ la pagina, il monocromatismo dominante permette di far emergere uno dei tratti tipici dello stile di Vivès, ossia il racconto muto senza battute, quasi a ricostruire un piano-sequenza come in questa tavola in cui l’ancora giovanissima Polina si muove incerta per corridoi affollati di speranze e timori e gremite solitudini.





Nel complesso, però, questa grafica stanca, e l’occhio tende un po’ a perdersi, senza essere ridestato da innovativi movimenti grafici. La storia stessa, nel complesso, non è particolarmente avvincente, né concettualmente o emotivamente approfondita. Non che si pretendesse un Ritratto della ballerina da cucciola, naturalmente. L’impressione, un po’ sgradevole, è quello di uno dei tanti talent-show fatto fumetto: amore, audizioni, allenamenti, ribellione contro il giudice che non capisce il genio; sofferenze varie e assortite; ma alla fine il giovane vince. Insomma, qualcosa di non necessario.

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