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Non si tratta di recensioni. Non si tratta di novità editoriali. Solo le mie note di letture casuali e ritardatarie, da un giorno in cui ho sentito di averne bisogno, a uno in cui non me ne importerà più.

martedì 21 settembre 2010

Coast-to-coast till Death Do us Part

Michael Zadoorian, In viaggio contromano. The Leisure Seeker [2009], Milano, Marcos y Marcos, 2009, euro 16.50


«“Quella sera partimmo John, Dean e io sulla vecchia Pontiac del ’55 del babbo di Dean e facemmo tutta una tirata da Omaha a Tucson”, e poi lo traduci in italiano e in italiano dici “Quella sera partimmo sulla vecchia 1100 del babbo di Giuseppe e facemmo tutta una tirata da Piumazzo a Sant’Anna Pelago. Non è la stessa cosa, i meccanici fregano con la lingua, non è la stessa cosa, capisci, non è la stessa cosa”». 


Non è la stessa cosa nemmeno quando a percorrere la mitica Route 66 è il camper Leisure Seeker di due catorci come John e Ella, il primo con qualcosa più che un Alzheimer incipiente e la seconda con i tre primi volumi e qualche fascicolo sparso dell’Enciclopedia medica in corpo. Non sono beat, artisti, capelloni, intellettuali: working-class di Madison Heights (MI), gente che paga per trent’anni il mutuo, vite anonime, turisti del kitsch, hot-dog senaposi e drive-in. 


Come diceva un tale che qualcosa di viaggi e autostrade sapeva e ricordava (Indians scattered on dawn’s highway bleeding to death), gli adolescenti sono meravigliosi perché quello che fanno lo fanno per la prima volta. Ma anche i vecchi che fanno qualcosa per l’ultima volta, sapendo che lo sarà, hanno il loro fascino: Ella e John partono per il loro ultimo viaggio, per tornare a Disneyland dove erano stati decenni prima coi figli, per rivivere tutto quel che è rimasto. Per rifiutarsi al chirurgo e alla paura, per rivendicare quel posto nel mondo che è stato loro assegnato, senza nessuno scopo particolare, senza nulla di grande, ma solo con la faticosa felicità di uomini normali. 


Tra On the road e Una botta di vita, il viaggio si snoda in dieci capitoli intitolati ai vari stati americani attraversati lungo la Route 66. Una strada consumata dal tempo e dall’abbandono, un’America che sta sparendo, un amore che si aggrappa a quel poco di futuro che resta, ma anche a quel poco di passato non ancora eroso dalla malattia di John. 


In una girandola di incontri, malesseri, incidenti, la voce di Ella, autoironica e drammaticamente scherzosa, cerca di riannodare, in un continuo dialogo col lettore, malinconico eppure divertentissimo, i giorni di una vita e quei ricordi che scompaiono progressivamente nella mente dell’uomo con cui ha condiviso una vita troppo breve. Ma una vita che è stata amata, goduta in quel poco che è concesso, e a cui Ella e John continuano a sorridere, volendosi bene oltre la demenza e corpi sfatti da grasso, cicatrici e titanio. Fino all’oceano, fino al tramonto, fino all’adempimento di una lontana promessa d’amore. Al termine del viaggio, nessuno può giudicare che cosa sia stato amore. And they lived happily ever after.


Che dio salvi questo libro dalla trasposizione filmica.

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