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Non si tratta di recensioni. Non si tratta di novità editoriali. Solo le mie note di letture casuali e ritardatarie, da un giorno in cui ho sentito di averne bisogno, a uno in cui non me ne importerà più.

giovedì 16 settembre 2010

Post-traumaattinen stressihäiriö: à l’après-l’amour comme à la guerre

Kari Hotakainen, Via della trincea [2002], Milano, Iperborea, 2009, 16 euro

Che cosa fa un uomo quando la moglie se ne è andata portando con sé la piccola Sini? Corri, Forrest, corri. Che cosa fa, per non farsi divorare dai “se forse” nell’appartamento vuoto, un uomo oppresso da rabbia dolore abbandono senso di colpa per quel pugno che infrange l’auto-specchio del perfetto marito e padre? Cerca di costruire il nuovo nido – quella piccola villetta monofamiliare che la moglie ha sempre desiderato – a cui la sua famiglia possa ritornare. Matti è un reduce di cento battaglie: curare la piccola, stirare, lavare, cucinare, salvaguardare i tempi e le necessità della moglie, ascoltarne umori e bisogni, mostrare la più piena attenzione alla sua sessualità (l’ho già detto, vero, che è ambientato in Finlandia?) Ma la grande Guerra di Liberazione delle Donne lo ha visto sconfitto: un casalingoide frustrato e ossessivo, secchi per il vomito in giro per casa e monomanie e concioni sul rock; un reduce sbandato e incompreso, fantaccino inerme di un esercito in rotta, senza generali, senza bandiere, senza piani di battaglia. In lui si rispecchia una nuova generazione di caduti nei bar e ai margini di strade e psicofarmaci, buona solo a integrare le statistiche dei divorzi, schiacciata dal confronto con quei patres che, in ben altra guerra, seppero inchiodare l’armata rossa a Tali-Ihantala, eroi che non hanno mai dovuto cambiare un pannolino o preoccuparsi di soddisfare una moglie, querce ignare di turbamenti psicologici domestici. Quei reduci a cui lo stato, al ritorno, diede terreni e progetti perché si costruissero la loro casa, proprio in quella via che, dalla loro resistenza, avrà nome Via della Trincea. Il libro si apre nel giorno della vittoria, pochi minuti prima che le sue amate donne giungano finalmente alla nuova casa dei sogni: comincia così la rievocazione di quei sei mesi di dura guerra, scanditi in brevi capitoletti in cui, insensibilmente, il tempo slitta dal trapassato della spiegazione-rievocazione al passato prossimo di una cronaca in presa diretta che immerge il lettore nella stralunata lotta di quest’uomo per riavere la sua famiglia. Pensieri immediati, umori, sbalzi, ricordi improvvisi; e correre e correre, e misurazione di pulsazioni impazzite: Matti abbandona la casa in cui si era rinchiuso, la riduce a tana, per farsi lupo, antico guerriero in difesa di una patria fatta di una donna e una bambina. La casa è il centro di tutto (tanto da dare il titolo alle quattro parti del romanzo, Fondamenta e condotti di drenaggio, L’armatura; La posa dell’ultima trave; Il giorno del trasloco), e la ricerca del villino ideale viene condotta con appostamenti, materiali, pianificazioni, stratagemmi e tattiche militari, da degno erede di quegli uomini che ebbero in ricompensa per il loro eroismo proprio quella Via della Trincea dove Matti individua alfine la casa che fa per lui. La casa di un veterano, a lui così parallelo e così lontano nella solitudine e nella vita. Comincia così un’eroicomica epopea, sempre correndo, sempre a cardiofrequenzimetro e sudore, che il lettore segue con assoluto divertimento tra proprietari di case, agenti immobiliari, polizia, vicini, giornalisti, psicologi, in cui Matti va al fondo, con beffarda ferocia, delle mille piccole ridicole sgradevoli ossessioni e ipocrisie della società. E ogni personaggio diventa voce parlante, capitoletto che porta il suo nome e il suo punto di vista, in un antitragico As I lay dying, e proprio questa molteplicità di focalizzazioni è la forma dell’incapacità di tutti di comprendere e intuire piani e traiettorie di questo incursore della beffa e dello sprezzo, di questo berserk in lotta contro un’intera alienante società di Uni e Altri. Ma a poco a poco il lettore si lascia infiltrare da un certo disagio, dalla sensazione di una trama fino ad allora inattesa. Nell’ultima parte i capitoletti si fanno brevissimi, quasi schegge di pensieri in un continuo incalzare di voci, mentre la titolazione assume la forma di ossessiva scansione cronologica, sempre più vicina al tempo del racconto del primissimo capitolo. Fino a coincidervi. Fino alla rivelazione e alla tragedia di un uomo troppo solo che ha perduto tutto.

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